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venerdì 16 dicembre 2011

Forum Città dei Giovani: la mia candidatura

Ho appena ritirato la mia candidatura dal Forum Città dei giovani che feci due anni da perché adesso appartengo al gruppo dirigente di un partito e credo che il Forum ad Andria debba essere totalmente indipendente dai partiti. Solo così si può dare spazio ai giovani meritevoli nella nostra città.


Vito Ballarino

giovedì 15 dicembre 2011

Firenze e la banalità del male

Ricordiamo e non dimentichiamo ciò che è accaduto a Firenze. Il frutto di una società ormai malata in cui l'ignoranza coltivata fra i prodotti Mediaset e intrisa di una politica a volte troppo silente a volte realmente xenofoba. Non dimentichiamolo neanche nelle nostre comunità cittadine. Quando qualche mese fa in merito agli sbarchi a Lampedusa di centinaia di profughi che fuggivano dai loro paesi avevo chiesto qui su facebook che la maggioranza e il Sindaco Giorgino dichiarassero totale disponibilità a ricevere e aiutare la comunità lampedusana nell'accogliere coloro che erano sbarcati chiedendo libertà e una vita migliore. Nessuna risposta. Eppure io credo che anche solo un gesto di vicinanza sarebbe stato importante. Importante per raccontare alla nostra città e a noi cittadini che il razzismo si combatte anche così: educando alla multiculturalismo. Comunicando che su questa terra siamo tutti esseri umani e che non esiste nulla di più importante che sentirci tutti cittadini del mondo e fratelli.


Vito Ballarino

venerdì 9 dicembre 2011

La scuola pubblica e gli accorpamenti degli istituti

All'ombra di questo nuovo governo, nel pieno della crisi che era stata nascosta fino all'ultimo momento dalla classe berlusconista, non c'è soltanto una manovra finanziaria che si svela con tutta la sua voracità verso coloro che questa crisi non l'hanno mai causata. Coloro che appartengono a quelle classi sociali che non hanno mai speculato, che con grande difficoltà e impegno hanno cumulato i loro piccoli risparmi costruendo anche una credibilità per il nostro paese.
La manovra colpisce le , quindi direttamente i pensionati che hanno redditi medio-bassi. Spesso sono loro che sostentano i propri figli soffocati dalla mancanza di lavoro in un paese in cui la parola "diritto" sembra ormai un optional; un accessorio da automobile. Ma non solo. Sono gli stessi pensionati che aiutano i loro nipoti: nel costruire una propria indipendenza nonostante il precariato che inghiotte le nuove generazioni; nell'università con i costi che lievitano regolarmente a causa dei continui tagli all'istruzione pubblica.
Questo paese non è un paese per giovani: si diceva così fino a poco tempo fa. Adesso non sarà neanche un paese per vecchi. Sorge spontanea la domanda: è un paese per chi?
Forse per gli speculatori. Forse per i padrini del cemento. Forse per i lobbisti. Magari per coloro che hanno sempre trovato la "giusta spinta". Sicuramente è un paese per chi ha grandi redditi, trasferiti magari all'estero e che non sono mai colpiti da riforme che rimettano al centro l'equità sociale per costruire la giustizia sociale che torna fra i temi centrali dopo venti anni di berlusconismo. Per quanto tempo queste due parole hanno assunto svariati significati manipolati dal "grande fratello"? Solo adesso tornano a viaggiare insieme e ad essere pronunciate con coraggio anche da una certa parte politica. Allora c'è, forse, ancora speranza. Finalmente: giustizia sociale.
Loro, i tecnici responsabili, tassano le barche. Peccato che i ricchi, come ci dice Corrado Formigli, intestino i loro gli yacht a società estere.
La strada è ancora lunga e sicuramente la politica si trova difronte al grande tema del decennio: Cosa fare? Come costruire nuova credibilità? Come operare?
Qualcuno fra la gente indignata e sempre più avvilita, si domanda se la politica potrà riguadagnarsi una propria parte fondamentale all'interno del quadro globale dove, per adesso, regna solo la parola: mercato (o mercati).
Intanto non possiamo dimenticare ciò che è stato fatto durante questi ultimi anni da questo governo che pensa di poterne uscire completamente ripulito. No. Non possiamo permetterlo.
Mercoledì nella mia città, studenti, docenti, genitori, associazioni hanno incontrato il Sindaco per discutere dell'accorpamento degli istituti previsto dalla pericolosa legge Gelimini; o meglio preferirei che venisse ricordata come legge Tremonti-Gelmini.
Lui, il Sindaco eletto due anni fa con lo schieramento del centro destra e candidato nella lista del PDL anche Vice Presidente della neo provincia di Barletta-Andria-Trani.
Quello che sta accadendo nelle scuole è un punto fondamentale che non possiamo ignorare e dimenticare. Perchè poi, quel livello nazionale che appare sempre così lontano e distante, mette in atto politiche che si ripercuotono su di noi, nelle nostre comunità, nei nostri quartieri, nelle nostre scuole.
Ieri il Sindaco si è impegnato a difendere a tutti i costi l'istituto in cui era stata organizzata l'assemblea a cui lui ha presenziato. Quasi a voler sollevare un indecoroso campanilismo fra scuole. "Voi sarete salvi perchè lo dico io!" - e magari qualcun altro no. La devolution anche nei quartieri in difesa delle piccole patrie.
Lui ha affermato "Le leggi nazionali vanno rispettate anche se non condivise". Non ha detto una sola parola per chiarire ai presenti se, in fondo, questa legge lui la condivida oppure no, dimenticando uno dei primi compiti della politica: avere il coraggio di proporre prospettive nuove e profonde riflessioni per tutelare e rinnovare le nostre comunità.
La verità è che il Governo Berlusconi, con la riforma Tremonti-Gelmini, ha messo in atto un vero e proprio smantellamento della scuola pubblica e dei saperi perchè in questa Italia berlusconista i cittadini devono divenire semplici e sterili consumatori abituati solo ad obbedire. Altro che progresso e innovazione.
Avrei voluto vedere un Sindaco che, guardando negli occhi quei ragazzi come lo sono anche io, avesse pronunciato parole giuste per chiedere una profonda indignazione verso ciò che è stato fatto contro la scuola pubblica. Avrei voluto sentire parole dure verso la classe politica che ha mercificato l'istruzione chiudendola in una specie di grande centro commerciale e colpendo tutti i presidi di libertà che oggi sono gli istituti scolastici pubblici.
Avrei voluto ascoltare dal nostro Sindaco parole diverse. Avrei voluto che esprimesse certamente il bisogno di rispettare le leggi, ma che avesse anche parlato del rispetto per noi stessi, per le nostre menti e coscienze tutti temi direttamente interconnessi con il futuro del paese. Dove muoiono i diritti muore la democrazia e affonda la prospettiva futura. Questo senso civico di cui parlo spesso coincide con il dovere civile di ribellarsi contro chi tenta di cancellare queste parole dal nostro vocabolario.
La già difficile situazione degli istituti scolastici andriesi è aggravata dalla riforma Gelmini e questo bisogna dirlo ai nostri cittadini, alle famiglie, agli studenti. Il politichese spicciolo non può nascondere il bisogno di rimettere al centro della discussione il bisogno di tutelare e presidiare con ogni mezzo l'istruzione pubblica.
La stima verso coloro che si ribellano alla riforma non basta. Bisogna costruire occasioni di condivisione e di coinvolgimento in cui lavorare assieme ad un'alternativa forte a questo sistema.
E noi del centro sinistra non dobbiamo permettere che, in futuro, questo tema passi in secondo piano.
Qui è in gioco sopratutto la nostra credibilità.

Vito Ballarino

mercoledì 7 dicembre 2011

Statistiche sulla città di Andria

Cosa mi ha colpito della ricerca presentata ieri dalla Troisi Ricerche sulla percezione dei cittadini su alcuni servizi e temi di pubblico interesse in Puglia? Ad Andria c'è grande soddisfazione per i servizi commerciali (banche, negozi, farmacie, poste, ecc). Se notate, stiamo parlando di tutti quei servizi offerti da privati. Di quanto dovrebbe essere garantito dal pubblico neanche una parola o grande insoddisfazione (pulizia, spazi culturali e ricreativi, ecc). Insomma la politica dov'è con le sue progettualità?


Vito Ballarino

venerdì 2 dicembre 2011

Il mezzo non il fine

Cos'è il partito per me? Un mezzo. Non il fine. Un mezzo per cambiare le cose. Quando , invece, qualcuno crede che sia il fine allora occorre produrre quella che Nichi chiama "l'invasione di campo". La scossa pacifica che rimette in gioco tutto.


Vito Ballarino

martedì 29 novembre 2011

Un'altra ferita

E' successo ancora. Ancora una volta. Ancora una notizia come questa appare sui nostri giornali eppure tutto sembra così immobile. Muto.
Mi preoccupano in parte i silenti amministratori che ora governano la nostra città. Loro di solito liquidano le cose con una bella frase ad effetto in una conferenza stampa. Oppure scrivono un comunicato stampa, o lo fanno scrivere. Quelli che abbiamo letto così tante volte imbastiti della peggiore retorica. Un immobilismo che si qualifica attorno all'idea che basta montare telecamere ovunque per stare tranquilli nella nostra città. Una specie di Grande Fratello prodotto Mediaset ma senza spettatori a casa e protagonisti in tv: siamo tutti protagonisti e spettatori. "Il grande occhio, così, potrà sorvegliarvi tutti" - dicono loro e intendono realmente farlo. Lo pensano. Pensano che una città di "controllati" sia più sicura. Io rettificherei: in una città di controllati LORO sono più sicuri. Sono più sicuri perchè nella loro mente si coltiva inestirpabile l'idea che le soluzioni ai problemi si trovano rapidamente. Ci vuole l'azione e stop. Senza mai andare a fondo.
Loro, gli amministratori del' "azione e del cambiare, cambia, cambiamo" pensano realmente che tutto si risolva in realtà con poco. Con il pugno di forza. Come un colpo che esplode rapidamente ed è capace di abbattere il "nemico". E' così. Lo so io e lo sapete voi tutti.
Ma qual'è il nemico? Domanda complessa. Di solito ci riflettono su un po' e poi parte anche qui la retorica da "eroi del West": il nemico è il malaffare, la malavita, i violenti, ecc.
Ogni tanto, anzi molto spesso, anche noi del centro sinistra ci facciamo risucchiare in questa logica: servono i fatti. Solo i fatti.
No, dico io. Serve un'analisi profonda prima su cui fondare i fatti. Se non siamo capaci di andare a fondo nelle cose difficilmente troveremo risoluzioni durevoli.
E' venuto il momento di guardare al futuro della nostra città. Non è possibile più accontentarsi.
La violenza trova terreno fertile dove vige e vince l'ignoranza. Non parlo della gara "a chi più sa".
Dobbiamo iniziare a capire che esiste una profonda differenza fra il "sapere le cose" e "l'averle capite potendole applicare correttamente".
Se non vorremo più leggere notizie come quella che oggi leggiamo su un nostro giornale online (http://www.andrialive.it/news/Cronaca/167244/news.aspx#main=articolo), se desideriamo realmente fare qualcosa di utile per la nostra città e la nostra comunità dobbiamo innanzitutto pensare al futuro e capire che ad Andria esiste una reale emergenza culturale che attraversa il senso civico di ogni cittadino e cittadina. Quello di tutti noi.

La violenza è generata dall'ignoranza, dalla solitudine e dall'ingiustizia sociale.
Allora, è chiaro a tutti noi, che le risposte non possono essere "militari e telecamere".
Occorre provare a costruire un'altra idea di città fondata sulla cultura della cultura, lasciatemi passare il gioco di parola.

In una società ormai affogata nell'individualismo violento, nell'idea di eterna competizione, nell'idea di bellezza espressa solo come apparenza e mai essenza, nell'avere e nel denaro, noi dobbiamo provare insieme a mettere in campo un'altra idea di società e di comunità.
Alcuni chiederanno: quale?
Bisogna costruirla insieme, altrimenti che comunità saremmo?

Vito Ballarino

sabato 26 novembre 2011

Il Laboratorio Urbano di Andria: uno spazio per noi giovani

Sono tornato da Barletta dove si è svolto un bellissimo incontro all'interno del GOS, Giovani Open Space, Laboratorio Urbano riqualificato grazie ai finanziamenti della Regione Puglia. Anche ad Andria sono stati destinati fondi dalla Regione per riqualificare l'Officina San Domenico nel centro storico. Diventerebbe uno spazio di aggregazione giovanile per la produzione di cultura e bellezza dando vita a filiere produttive come ad esempio quella musicale. Non sappiamo, però, quando questa amministrazione consegnerà il cantiere terminato e sopratutto come costruirà il bando d'affidamento. Mi piacerebbe che si desse spazio ai più giovani che potrebbero misurarsi per la prima volta con la possibilità di operare all'interno di uno spazio come questo. Non vorrei che ci sia una ri-cottura delle solite persone, delle solite sigle, dei soliti potentati. L'Assessore Flavio Civita deve garantircelo ufficialmente. C'è bisogno di mettere in campo forze nuove in questa città per uscire dalla crisi.


Vito Ballarino

mercoledì 23 novembre 2011

L'ecologia a giorni alterni

Ciò che sta accadendo in Italia ci pone davanti ad una grande questione. L'ecologia non può significare occuparsi solo di qualche piantina nelle nostre città. L'ecologia è legata al nostro modo di intendere il futuro. E' legata al bisogno di comprendere che non possiamo più costruire ovunque, riempiendo la nostra terra di cemento. Non possiamo più lasciare che le nostre città siano attraversate da flussi infiniti di automobile e traffico. Dobbiamo decidere cosa intendiamo fare: provare a cambiare il nostro stile di vita per avere cura del creato o prepararci alle peggiori tragedie e poi piangerne le vittime? Lo chiedo, ad esempio al Sindaco e agli Assessori della maggioranza nella mia città.


Vito Ballarino

lunedì 21 novembre 2011

Monti e lo spread

Sento i tanti che hanno appoggiato e magari ancora appoggiano il nostro ex Presidente del Consiglio Mr.B., ripetere la litania della congiura utilizzando l'impennata dello spread come prova tangibile del fatto che la crisi non dipendeva da lui. Bisognerebbe far presente a costoro che lo spread continua a salire perchè in Europa si è sfasciato un vincolo di sangue che era stato il presupposto attorno al quale si era immaginata l'esistenza dell'Europa stessa: non il potere sovra nazionale della finanza bensì una grande storia europea che doveva essere capace di individuare diritti inderogabili da difendere ovunque e senza confini. Parlo della difesa dei beni comuni, del lavoro, dei diritti, ecc. Invece è proprio la classe politica a cui appartiene il nostro ex Presidente del Consiglio che ha sgretolato questo grande racconto soppiantandolo con quello della finanza creativa e del falso ottimismo. Ora non venite a lavarvi le mani nell'acquasantiera perché è evidente che non basta la risposta nazionale. Occorre un grande movimento europeo che rimetta al centro quei valori che sono stati strappati via.


Vito Ballarino

lunedì 14 novembre 2011

SEL, TILT, FABBRICHE, RACCONTI: l'obbiettivo è la cultura del cambiamento

C'è un evidente dubbio da sciogliere in tutto il centro sinistra e anche nel nostro partito. E' un dubbio che ci fa riflettere sulla nostra visione culturale prima che politica. E' ovvio che i partiti sono ancora la forma di accesso diretta alla rappresentanza del paese come è indicato nella nostra Costituzione e questo è un punto. Quindi non possiamo muovere guerre pregiudiziali alle strutture mainterrogare queste sui contenuti e sulla forma d'azione. Dopodichè, il cantiere dell'alternativa non può essere di questo o quel partito del centro sinistra. E' un progetto in cui tutti siamo chiamati a dare il nostro contributo organizzandoci in spazi comuni per avviare una rivoluzione culturale in Italia e nelle nostre comunità. A chi chiede di SEL e trova contrasti con TILT e poi teme la posizione delle Fabbriche e poi lamenta la mancanza di simboli ai Racconti mi piacerebbe dire che il cantiere dell'alternativa ha bisogno di tutte queste forme di partecipazione, nessuna esclusa per costruire la cultura del cambiamento. Non è difendendo il piccolo orticello che ricostruiremo la speranza. Perciò: apriamoci.


Vito Ballarino

domenica 16 ottobre 2011

Quel fumo nero non è tutto


Governo in stato vegetativo. Il polso è lento. Lentissimo. Quasi inesistente.
Sembra la definizione adatta che aderisce perfettamente come una muta al palazzo; quello di Roma.
La stessa Roma che ieri si è accesa di bellissimi colori per una mobilitazione che voleva segnare un netto distacco fra il popolo e i governanti. Come è accaduto un tempo sta riaccadendo adesso. La Roma che poi si è spenta nella protesta violenta dei pochi. Quelli che nulla hanno a che vedere con la costruzione del domani migliore. Quelli che Pasolini aveva già condannato. "Le facce dei figli di papà con lo stesso occhio cattivo" - scriveva uno dei più grandi intellettuali che il nostro paese abbia conosciuto - "Siete paurosi, incerti, disperati ma sapete anche come essere prepotenti, ricattatori e sicuri: prerogative piccolo borghesi, amici".
La storia ci ha già raccontato spezzoni similari e ieri tutti coloro che hanno tentanto di isolare i violenti sono i fiori migliori che questa Italia possa aver partorito.
Sono i fiori migliori perchè capaci di essere menti critiche e pensanti, lontani dalle manipolazioni e dal pensiero unico che omologa e spezza le giuste motivazioni.
I fiori migliori che hanno deposto un fiore su quel blindato dato alle fiamme che racconta si il disagio di un pezzo di epoca ma anche la disperazione che mai più vorremmo provare.
Noi giovani siamo stanchi di questa politica che permette questo; questa classe politica che commentava ai microfoni dei media e che nulla ha fatto perchè gli scontri fossero evitati.
La classe politica che costruisce un falso dualismo fra "i giovani che si danno da fare nella vita" e "quelli che invece manifestano e spaccano vetrine". Questo dualismo è falso, vecchio, imputridito della retorica peggiore che non convince più nessuno.
Perchè in questa Italia che sentiamo nostra chi manifesta è chi cerca di darsi da fare. E' chi ancora non vuole mollare. Chi manifesta è chi crede ancora nella democrazia che si esprime anche nella protesta. Cosa significavano i cortei di ieri? Quale era la loro collocazione all'interno del panorama globale? Era qualcosa che viaggiava ben più in alto dei cori contro Berlusconi. Pochi, fortunatamente pochi. Perchè ciò che non va è un intero sistema retto dalla finanza e dalle lobby. E questi, purtroppo, sono tumori che generano metastasi in tutti i pesi del mondo. Lo stiamo vedendo: la protesta non riguarda solo la nostra Italia o l'Europa.
La domanda ritorna: cosa erano i cortei di ieri?
Erano la prova tangibile e concreta che la domanda di democrazia non è morta e non può essere affossata. Sono stati la discontinuità gentile, ribelle e sognante di un popolo che ritorna a prendere parola. Anche qui, anche in Italia, anche a Roma dove i peggiori servi di questo sistema siedono sulle loro poltrone.
Sono parole dure? Non lo sono abbastanza.
La polemica sugli infiltrati non sarà oggetto di questa nota. Perchè credo che essa spenga la luce che ieri abbiamo intravisto tutti: anche qui possiamo riappropriarci del nostro futuro.
Possiamo farlo tutti insieme nonostante le nostre differenze che, quando sfilano vicine, sono forse il dipinto più bello.
E questo non è un punto di debolezza, dobbiamo iniziare a dirlo chiaramente.
Lì dove una certa classe politica ormai alla deriva arrampicata su qualche voto strappato chissà come spera di imporre il pensiero unico, noi dobbiamo rivendicare il bisogno di riconnetterci insieme, nonostante le nostre differenze che sono proprio la nostra ricchezza.
E' su questo che possiamo costruire una netta distinzione culturale fra noi e loro.
Questo può essere un terreno fertile per il centro sinistra.
Nel palazzo ci sono loro,il buio. Chiusi e schiacciati dal peso della loro omologazione. Fuori ci siamo noi, la luce con i nostri colori che parlano linguaggi molteplici e raccontano tante storie diverse.
Così è arrivato.
Arriva prima o poi il momento in cui il silenzio non basta più e neanche l'indignazione può essere l'unica risoluzione parafrasando Ingrao nel suo "Indignarsi non basta".
Roma ieri non è stato un fallimento. Se il fumo scuro causato da qualche violento offusca la luce dei tanti, allora siamo ancora lontani dalla giusta coscienza che potrà rinvigorire questa Italia.
Roma è stato un inizio. Forse un altro pezzo.
Ma guai a chiunque smette di credere che debba ripartire da lì il cambiamento.
Pensare globale agire locale. Avevo letto più volte e ascoltato questa frase.
La mia città non è Roma.
Ma l'indignazione c'è anche qui e vibra forte, esce dalle stanze di partito per correre fra la gente.
Anche nella mia città proveremo a non fermarci all'indignazione. Proveremo a ricostruire un cammino che getti le proprie fondamenta sulla volontà di interrogarci, parlarci, raccontarci per comprendere le differenze e per dare a queste una voce unica.
Un grande megafono anche ad Andria che parli tutte le parole di questa Italia che ieri era a Roma e che ogni giorno scava la montagna; lentamente ma lo fa.
Non ci sono conclusioni. Non possono ancora essercene. Piuttosto concludo citando un pezzo di una canzone di un altro grande poeta e intellettuale che abbiamo conosciuto (e forse ancora troppo poco.
Si chiama Fabrizio de Andrè e le sue parole devono ancora echeggiare in ogni sede, in ogni città, in ogni piazza, in ogni nazione. Ovunque.
Chiudo perciò così:
"‎Per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti."

Vito Ballarino


mercoledì 12 ottobre 2011

Dedicare un pezzo della città di Andria a Fabrizio De Andrè

Pensavo ad una cosa. Una piccola cosa che non è una risposta al disagio della precarietà, della solitudine. Non è la soluzione a tanti problemi ma sarebbe un gesto pieno di bellezza: mi piacerebbe dedicare una piazza o una strada della città di Andria a Fabrizio de Andrè. Mi sono accorto che manca una cosa simile. E' importante la bellezza e un intellettuale come lui merita di essere presente ovunque in questa Italia a anche ad Andria.
Vito Ballarino
 

giovedì 6 ottobre 2011

DDL INTERCETTAZIONI

Il mio intervento di qualche tempo fa sul DDL intercettazioni.
Il tema ritorna puntuale e non possiamo ignorarlo.
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A tutta velocità verso riforma della Giustizia e DDL sulle intercettazioni.
Ecco le uniche priorità di un governo che, nel panorama della crisi mondiale e delle rivolte che stanno scuotendo tutto il bacino del Mediterraneo, non ha alcuna intenzione di rilanciare temi come investimenti per l'innovazione, diritto allo studio per tutti, eco sostenibilità, lavoro che non sia un ricatto per i lavoratori. No.
Per la classe politica berlusconiana tutto questo non conta.
Bisogna correre. Il processo sul caso Ruby procederà e inizierà nelle aule il 6 Aprile. Bisogna accelerare per bloccare la libera informazione in questo paese. Un colpaccio già annunciato tempo fa' che ora ritorna come uno spettro in un paese già posizionato al 40° posto nel mondo per libertà di informazione dopo Cile, Corea Del Sud, Bulgaria, Perù.

C'è poi un elemento sconcertante. Provate a scrivere sul motore di ricerca la parola "Berlusconi". Vedrete che apparirà al secondo posto il binomio: Berlusconi-Ruby.
Nel mondo intero ci conoscono così. Ci riconoscono come il popolo che ha eletto l'uomo dei fatti dell'olgettina. E non solo. Delle feste con minorenni, secondo le carte depositate dai PM. Si tratta del Presidente del Consiglio, la carica più in vista che avrebbe il dovere di traghettare il paese fuori dalla crisi e non fra le sue lenzuola dove probabilmente sono state compiute nefandezze gravi. Si parla di prostituzione minorile e concussione.
Invece Silvio e il Governo corrono veloci. E lo fanno cavalcando la "pericolosità" delle intercettazioni.
Lo fanno ignorando il monito del Presidente della Repubblica che già in passato chiese di "far finire il disegno di legge sulle intercettazioni su un binario morto".

L'informazione è un punto chiave. Lo è nel paese in cui Berlusconi detiene il maggiore potere mediatico ma non tutto.
Ci sono ancora professionisti coraggiosi. Quelli che non si lasciano comprare e che hanno permesso, dopo che gli atti sul caso Ruby fossero depositati, a tutto il popolo italiano di conoscere cosa realmente stesse curando il Presidente del Consiglio. Non gli interessi del paese. Non le riforme utili a far ripartire l'Italia. No.
Bisognava prodigarsi come "magnanimo benefattore" per belle ragazze e per i loro decoltè.  E anche nei fatti del processo sono coinvolte persone vicine all'informazione berlusconiana. Questo non è un caso o un particolare da sottovalutare.

Il "grande impero" di Silvio è costruito e si regge sulla manipolazione della comunicazione e dell'informazione. Ecco perchè occorre velocizzare sul DDL intercettazioni. Non possono indugiare. Su questo tema si gioca il futuro del' impero che pian piano si sgretola.

In una intervista di Natalia Lombardo a Roberto Natale, pubblicata sull'Unità, il presidente del Fnsi ha dichiarato: << Non possiamo rispettare una legge che lede il diritto ad informare i cittadini>>. Se il Governo Berlusconi andrà avanti sulle intercettazioni, potrebbe di conseguenza formalizzarsi un ricorso alla Comunità Europea.

Il DDL è un martello sulla libera informazione. Carcere per i giornalisti liberi; multe esose per gli editori "ribelli". E infine: gli atti giudiziari non potranno essere pubblicati fino alla fine del processo. Anche quando, gli stessi atti, sono pubblici.

Ancora una volta in Italia si palesa chiaramente agli occhi di tutti noi un attacco alla democrazia e alla libertà.
E' importante notare, ad esempio, come sia congruente il forte timore che gli uomini e le donne di Silvio hanno per l'informazione libera. Quella che racconta le verità di un paese al paese. Che non si piega alla casta.
Non troppo tempo fa il Ministro Gelmini ha pubblicamente attaccato, durante una puntata di Ballarò, le lauree in Scienze della Comunicazione. Proprio quelle Facoltà che formano i futuri giornalisti e operatori nel settore dell'informazione e della comunicazione.

Così, da un lato si vuole zittire chi già liberamente svolge con grande rigore ed etica il proprio mestiere, e dall'altro chi nel futuro potrebbe immergersi in questo mondo.

Il disegno è chiaro e netta dovrà essere anche la posizione di tutti noi.
Perchè anche l'informazione è un bene comune. Lo è nei termini in cui ci permette di sviluppare un pensiero critico e di liberarci dalla coltre di nebbia che "la casta" del berlusconismo continua a spingere su questa Italia.

Il dovere di tutti noi è: tornare a prendere parola.

Vito Ballarino

venerdì 30 settembre 2011

Domani a Roma con Nichi e SEL: c'è l'Italia migliore a cui guardare

Torno a postare sul blog. Nulla di "nuovo" bensì un intervento che pubblicai su facebook qualche tempo fa rispondendo ad una accorata lettera di Pasquale Videtta a Nichi Vendola raccontando il proprio punto di vista sul progetto politico di Sinistra Ecologia e Libertà.

Avendo letto sui quotidiani le dichiarazioni di Vendola ieri a Bologna nel tavolo di confronto a cui ha partecipato anche Prodi e poi le successive riguardo la posizione di Fausto Bertinotti che sembrano voler soffiare sul fuoco (quale fuoco non ho ben capito...) per alimentare facili polemiche, ho pensato fosse interessante riproporre ciò che provai a buttar giù qualche tempo fa.
Non è un modo per riaprire la polemica che già mi sembra abbastanza strumentale e realmente poco utile al futuro del centro sinistra che dovrebbe candidarsi a governare il paese. E' la possibilità di confrontarmi ancora con chiunque voglia farlo e voglia dire la sua.
Credo sia una opportunità interessante per interrogarsi e capire.

Intanto domani sarò a Roma in Piazza per la manifestazione di Sinistra Ecologia e Libertà. Una manifestazione che coinvolgerà cuori, anime differenti, pensieri, sogni, storie e persone in un movimento culturale, umano e politico che chiama tutti noi: nessuno escluso. Una direzione che appare ancora difficile da far comprendere ai tanti tafazzisti che probabilmente si auguravano di predisporre ancora piccole frazioni di "film-già-visti-e-vissuti-e-pure-falliti".
Sarò a Roma domani con Nichi e con SEL perchè credo esista un'Italia migliore, credo esista la possibilità di costruire la sinistra unita in Italia, credo in un rinnovamento culturale anche della politica, credo nella volontà di abbattere ogni steccato ideologico e ogni purismo che ci ha sempre relegato all'angolo, credo nelle diversità come valore aggiunto che ci permette di completarci.
Credo, insomma, sia tornato il momento di prendere parola con il coraggio di cambiare.

Vito Ballarino
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Pubblicata l'11 Luglio 2011

Nella giornata di ieri mi è capitato di leggere in rete la lettera scritta dal caro Pasquale Videtta indirizzata a Nichi Vendola e intitolata "Caro Nichi, SEL non è un giocattolo" (link alla lettera: http://www.facebook.com/notes/pasquale-videtta/caro-nichi-sel-non-%C3%A8-un-giocattolo/10150236803811270).
Parto dicendo che sicuramente, in un momento politico così complesso e confuso a casua anche della forte indecisione di alcuni dirigenti dei partiti di centro-sinistra presenti in Parlamento, comprendo l'accorato sfogo presentato nella lettera ma che non posso condividere.
Sono anche io un iscritto a SEL. Sono un giovane contraddistinto dalla dirompente voglia di poter attuare concretamente un cammino che ricostruisca il centro-sinistra frantumato dalle beghe interne, dal passato che non passa mai, dal futuro che appare sempre così fumoso e confuso.
Sono un giovane animato dal desiderio di vedere realizzata una sinistra compatta in questa Italia. Una sinistra che non parli nelle stanze e nei salotti ma che abbracci il popolo e le piazza; i movimenti.
Una sinistra che trae la propria linfa dal continuo contatto con la società civile e tesse con essa una rete di contenuti che alimentano quotidianamente un percorso comune.
Una sinistra che chiede, che si interroga, che si confronta, che si rinnova e che non ha timidezze e feticci.
Ecco. I feticci. Purtroppo, troppo spesso, ho la sensazione che quello del partito sia un feticcio. Il partito con la P maiuscola che assomiglia tanto alla P maiuscola di Potere.
E' un feticcio quando si invoca una struttura che sembra appartenere ad altri tempi; tempi lontani in cui, si, quella struttura chiamata PCI aveva un senso organizzata in quella maniera. Aveva un perchè ed era contestualizzata rispetto ad uno scenario europeo e mondiale che proprio non assomiglia a ciò che oggi ci sta difronte, con l'avanzata di questa bellissima brezza che proviene proprio da quei popoli che sul nostro Mediterraneo si affacciano.
Il PCI credo sia stata la casa e la palestra della legalità, della cultura, dell'amore, della politica, della civiltà per molti e per questo conservo per esso un profondo rispetto.
Ma non posso rimpiangerlo. Non posso farlo innanzitutto perchè non c'ero e trovo assai ridicolo che qualcuno possa rimpiangere qualcosa che non ha vissuto, per cui non ha riso e pianto. Per cui non ha sudato.
Ecco. Possiamo forse provare a conoscerlo ma certamente non possiamo rimpiangerlo. Lo dico ai giovani come me che dovrebbero essere proiettati verso il futuro ma che invece troppe volte si innamorano di un passato che è certamente affascinante ma irripetibile.
E poi non posso rimpiangerlo perchè i tempi sono cambiati. La globalizzazione e la modernità ci pongono davanti alle due domande epocali: Quale futuro?  Come?
Adesso ci ritroviamo oppressi, soli, spaccati e stanchi affogati in questo modello di neo-medioevo che prende il nome di "modernità" e cosa stiamo facendo per costruire una valida alternativa?
Molti stanno facendo tanto in questo paese. Lo fanno le donne nelle piazze perchè come cita il loro slogan "Se non ora, quando?". Lo fanno i giovani fuori dalle Università con i docenti e i ricercatori perchè una società senza sapienza e istruzione è una società debole, oppressa, facilmente vittima delle nuove dittature che io chiamo razzismo, denaro, speculazione, mafia, corruzione.
Lo fanno gli operatori della cultura che ci danno un segnale importante: senza cultura non esiste civiltà e senza civiltà ci aspetta un futuro di vera barbarie. Non certamente la "barbarie" di cui tratta Baricco nel suo libro "I Barbari". No. Io parlo di quella vera in cui non ci si considera fratelli e sorelle ma nemici, oppositori, avversari. Una giungla che farebbe paura anche alla giungla vera a cui la natura riserva un certo equilibrio e ritmo.
Ecco. Potrei continuare ma non lo faccio perchè ognuno di noi potrebbe rendere ancor più corposa questa lista.
Difronte a questa redistribuzione dei confini dell'uomo, del mondo e dell'umanità certamente non possiamo, io credo, rimanere immobili a piantar grane perchè un certo partito abbia una struttura più o meno radicata, o più o meno flessibile, o con questo o quel ruolo da cucire sul proprio petto. Non mi riferisco certamente e direttamente a Pasquale che ha scritto quella nota e a cui riconosco l'onestà e il coraggio di raccontare un suo pensiero a tutti analizzando quelli che per lui erano e sono punti di debolezza. Ma come dicevo, non posso condividere.
Ho iniziato il percorso in SEL perchè ne condividevo totalmente gli obbiettivi politici, la direzione che a SEL si voleva dare ma anche per lo spirito che contraddistingueva questo nuovo soggetto in cui riuscivano ad incrociarsi vecchie e nuove storie.
Ricordo bene di aver sempre detto che anche se SEL fosse rimasto solo un movimento, ci avrei investito comunque forze, convinzione, passione e voglia di fare.
Per questo ho condiviso con tutto il cuore e con la felicità di chi sperava di udire da anni quelle parole, la direzione di Nichi: "Non un partito, ma riaprire la partita".
E quale partita? La partita per ricostruire un centro sinistra unito e forte in Italia. Un centro sinistra che però non può inseguire sempre comunque (anche velatamente) il disegno del passato che è un bagaglio certamente imprescindibile (sono uno di quelli che ha sempre sostenuto che la Bolognina con la fine del PCI sono stati gli errori più grandi commessi).
Allora si, radicare SEL cosa significherebbe? Lo chiedo chiaramente perchè a me questa frase non è chiara e mi sembra che nasconda un lato oscuro: quello che riguarda chi desidera da tempo adagiarsi in una nuova formazione che parli ancora una volta le vecchie parole della politica praticandone sempre le medesime logiche che ci hanno condotto alla sconfitta epocale da parte del berlusconismo.
Lo dico chiaro e forte: il berlusconismo, penso, non significa Berlusconi in tutte le salse. Non possiamo pensare che sia solo una sorta di presenzialismo da sconfiggere. E non possiamo pensare che la nostra alternativa al berlusconismo sia rivoltare la manica e dire con tono stizzito: "No, non vogliamo Nichi ovunque perchè altrimenti diventiamo come il PDL". Ancora una volta penso che l'analisi sia superficiale.
Il berlusconismo è un regime culturale costruito su numerosi aspetti e la figura del leader, non nasce con Berlusconi in Italia. Chi studia come me Scienze della Comunicazione lo sa bene.
Il leaderismo ha attraversato gli USA di Martin Luter King del " I have a dream" a cui poi giunge la risposta politica di Obama del "Yes, we Can". Non per forza il leaderismo è il male oscuro da scacciare e sopratutto non è, secondo me, il primo problema di cui dovremmo occuparci in SEL e in generale nei partiti.
Certo, qualcuno mi farà notare che il leaderismo non appartiene alla nostra "cultrua politica". Bene. Allora vorrei chiedere: ed Enrico Berlinguer? E' una figura a cui tutti siamo legati e che tutti rimpiangiamo. Non era forse un leader lui? Eppure appartiene proprio a quella storia che rimpiangiamo.
Probabilmente dovremmo comprendere che la parola "leader" non coincide nel contenuto con "capo" o "dittatore" o "proprietario". No. Io ho sempre considerato il "leader" come una figura di garanzia dalla forte capacità di percepire e intravedere ciò che gli altri non riescono a vedere poi costruendolo e concretizzandolo. Una guida, ecco.
Nichi secondo me risponde a questa descrizione. E non ho alcun timore a dire chiaramente che è lui la voce, il megafono il segnale che ci indica e che deve indicarci la direzione.
Lo abbiamo sempre saputo. Prima che Sel diventasse un partito lo sapevamo. Quando Nichi ha vinto le primarie e le regionali ne abbiamo avuto conferma. Quando abbiamo svolto il Congresso nazionale Nichi lo ha ripetuto a chiare lettere. Ed ora? Ci stupiamo? Perchè?
Per una sorta di privatizzazione della figura per cui ci sentiamo espropriati se lo vediamo girare nel Nord Italia? Non posso pensarlo. Io conosco bene i miei compagni di SEL e non posso pensarlo.
Una cosa la condivido: si è un momento difficile per la politica in Italia e anche nei nostri territori, nei nostri Comuni e nelle nostre città. Bene. Allora che facciamo?
Strilliamo e ci tiriamo indietro? O continuiamo tutti insieme a lavorare per continuare a tenere aperta la partita?
Anche nelle nostre città dove il centro-sinistra è ancora più frammentato, spaccato e lacerato?
Vogliamo divenire a nostra volta megafono di tutti quei movimenti, delle associazioni, delle realtà locali attive che hanno bisogno di riprendere voce per raccontare che un Paese diverso è possibile, che una città migliore è possibile?
Ecco perchè non condivido quella nota.
Ancor più se la critica proviene e si genera fra le Fabbriche che sempre hanno avuto il nome di Nichi nel loro logo e che hanno costruito attorno alla figura di Nichi una campagna elettorale colorata, piena di contenuti e quindi vincente.
Nichi è una guida e non deve esserci alcuna timidezza o alcun timore nell'ammetterlo. Forse come lo era Berlunguer o forse no. Non mi interessa. E' Nichi e SEL è SEL.
E avrà la sua storia, le sue direzioni, i suoi militanti, i suoi pianti e le sue gioie. Perchè ogni storia è diversa dalle altre. Non sono mai uguali.
Ora che fare?
Continuare a lavorare lasciando da parte le polemiche e i timori. Proviamo ad essere fiduciosi e coraggiosi. Il progetto di Nichi e di Sel non può ingarbugliarsi fra le stanze di partito, le cariche, le strutture, ecc. Vola e deve volare ben più alto.
Abbiamo da costruire insieme l'Italia migliore e anche le nostre città e i nostri Comuni possono diventare migliori.
Facciamoci promotori di un futuro migliore.
Buon lavoro a tutti noi.

Vito Ballarino
iscritto a Sinistra Ecologia e Libertà

venerdì 26 agosto 2011

Quando la Cultura si fa motore del progresso

Giorni Terribili - Incontri sulla Shoah. Il titolo attira l’attenzione. Un titolo duro, crudo ma efficace; una scelta che palesa la voglia di affrontare in profondità e con analitico spirito intellettuale il tema dell'Olocausto, evitando di sconfinare solo nella "ricorrenza" e trasudando il bisogno di ergere la cultura a unico mezzo per l'emancipazione e la civilizzazione di tutti gli uomini.
La Regione Puglia - Assessorato alla Cultura -, ancora una volta, sceglie la strada dell'educazione che passa solo per una diffusione sociale della cultura. Che parte, riparte, si fortifica e fiorisce nelle scuole depredate, oggi più che mai, da una idea di politica sottoposta alle leggi del "mercato-precario" in cui conta certamente sempre più l'avere e non l'essere.
Perciò, il Mese della Memoria, prende il nome di Giorni Terribili - Incontri sulla Shoah in questa edizione 2011. Oltre 30 eventi coordinati dal Presidio del Libro, che vedranno l'intervento di noti attori e di alcuni sopravvissuti ai fatti della Shoah. Ancor più importante il radicamento fra cultura ed educazione rinvigorito dal contatto pregnante che il Mese della Memoria vuole mantenere con l'istituzione cardine per lo sviluppo della civiltà e della tolleranza: la scuola.
Ineludibile e chiara, è la volontà della Regione Puglia e degli Assessorati al Mediterraneo e all'Istruzione di creare sinergie e costruire una fitta rete di collegamenti in tutto il territorio pugliese.
Partiamo da questo esempio. In Italia esiste un bisogno vitale di istituire un "Secolo della Memoria". Non per la Shoah; non solo. Un Secolo della Memoria per ricordare quanto la cultura sia l'elemento fondamentale per la costruzione di una modernità che non sia solo lo spauracchio teso a occultare ingiustizie, diritti negati e una regressione quasi medioevale.
Ma partiamo dal principio. Cosa è la cultura? Le parole sono importanti. Per parlare di cultura dovremmo iniziare partendo da una netta distinzione fra le due parole che rappresentano il "corpo del reato": cultura e intrattenimento. Da vocabolario la parola ‘cultura’ sta a indicare il complesso delle manifestazioni della vita materiale, sociale e spirituale di un popolo, in relazione alle varie fasi di un processo evolutivo. Culturale è tutto ciò che riguarda l'apprendimento e approfondimento di attività o rapporti sul piano spirituale e la diffusione delle relative acquisizioni. Quindi la cultura è ciò che è capace di prenderci per mano e portarci da un dato punto A ad un punto B che è sempre migliore rispetto ad A.
Come decidiamo cosa è migliore da cosa non lo è? Per rispondere ci vengono in aiuto gli illustri pensatori dell'Illuminismo, che definiscono il termine progresso come "la capacità di passare da una condizione di inferiorità ad una condizione di superiorità, senza che altri ne patiscano" (citando il giornalista e scrittore Michele Palumbo). Il progresso è il bene comune godibile da tutti, tutelato da tutti e che permette l'emancipazione di tutti noi. Un bene comune, appunto.
Come si opera per raggiungere il progresso comune? Attraverso la forza della ragione che analizza tutto. Anche se stessa.
Ecco il potere della cultura: produrre una riflessione accurata attraverso la ragione per costruire il progresso, cioè il bene comune di tutti noi.
Cos'è invece l'intrattenimento? La parola ‘intrattenimento’, indica una serie di motivi gradevoli offerti come passatempo. Un modo per occupare i tempi "morti" della nostra vita senza alcuna pretesa e senza alcuna tensione al progresso. L'intrattenimento non vuole generare altro che piacere attraverso stasi, atarassia e relax.
Bisognerebbe tenere ben impressa questa distinzione quando, sopratutto in politica, si confonde la cultura con l'intrattenimento e viceversa. Sopratutto quando, in una direzione si investe e nell'altra si disinveste.
La cultura è la possibilità per l'intera comunità non di auto-conservarsi, ma di rinnovarsi progredendo giorno per giorno. E qual è il miglior mezzo per produrre e diffondere cultura? L'educazione. L'educazione che deve essere il "megafono" per la diffusione della cultura e quindi, certamente, non può relegarsi ad essere un meccanismo di riproduzione e conservazione della sola eredità culturale (per dirla con le parole del sociologo Bourdieu).
Nell'istituzione scolastica è fondamentale investire non per preservare i baronati, ma perché essa è il primo modo per sovvertirli producendo progresso che, ripetiamo, è benessere comune.
Ecco dove sta la contraddizione di alcune scelte, ad esempio, del governo.
Quindi cultura e educazione.
Ovviamente la politica non può sganciarsi da responsabilità e dal dovere di programmare la direzione di crescita di una comunità, sia essa un Comune, una Regione, una Nazione o altro.
La politica, certamente non può puntare solo al soddisfacimento dei bisogni del mercato. La politica non è nata per questo. Abbiamo impiegato secoli per costruire gli Stati e le Nazioni come comunità ed ora, certamente, non possiamo permettere che divengano vuote cassapanche rinunciatarie del loro compito primario solo per divenire traduzione dell'economia che è vincolata al mercato globale.
Per questi motivi è fondamentale ciò che la Regione Puglia sta facendo, investendo massicce risorse in cultura e istruzione. Certamente, immaginare di raccoglierne i frutti in pochi anni è impensabile. Non si tratta di costruire magie ad opera di prestigiatori bensì di programmare lo sviluppo e il progresso di una comunità tenendo ben saldo l'orizzonte.
Eventi come il Mese della Memoria rappresentano questo, e forse altri dovrebbero prendere spunto da simili scelte coraggiose e intraprendenti. "Con la cultura non si mangia" dirà qualcuno. Dovremmo rispondere che la storia ci ha indicato quanto l'Italia non abbia solo "mangiato" con la cultura e con l'arte. Ma è divenuta il vessillo del progresso e dell'emancipazione; simbolo della possibilità di costruire il progresso inteso come bene comune.
Con la cultura possiamo alimentare il futuro della nostra economia, delle nostre comunità e di noi stessi, tendendo al raggiungimento della felicità che è sempre giusta se diffusa e profusa a tutti.

VITO BALLARINO
Sabato 22 Gennaio 2011

sabato 6 agosto 2011

10 domande all'amministrazione: fra sicurezza e senso civico

Dopo qualche tempo, ho ripescato alcune domande rivolte all'amministrazione comunale della mia città.
Ad oggi nessuna risposta è pervenuta in merito ai quesiti posti, nonostante non vi sia nulla di offensivo ne tantomeno complesso in ciò che viene chiesto al Sindaco Giorgino e ai suoi Assessori.
Confido in una risposta che, prima o poi, giunga all'attenzione di tutti i cittadini della città di Andria.

Vito Ballarino

Qui il testo e le domande.

"Al Sindaco e Assessori.
Noi, cittadini di Andria, siamo sempre più indignati riguardo la sicurezza della nostra città, tema che è stato oggetto di tante promesse false di qualsiasi schieramento politico ma non è mai stato affrontato in maniera efficace.
Vi chiediamo di rispondere ad ognuna di queste 10 domande raccolte in rete.

1) Oggi, 19 luglio 2011, è il 19° anniversario dell’uccisione di Paolo Borsellino ma in città non è stato organizzato niente per commemorare l’evento. La pubblica amministrazione non avrebbe il dovere di sensibilizzare la propria cittadinanza su temi come quello che ricorre oggi?
2) Caro Sindaco e Assessori, cosa è la mafia? Secondo voi ad Andria esiste la mafia? Sarebbe interessante conoscere il vostro punto di vista.
3) Parliamo spesso di sicurezza e illegalità. L’illegalità è un micro problema che si risolve esclusivamente aumentando il numero di agenti in città e inserendo videosorveglianza o è anche un problema culturale e sociale di una comunità? Come pensa l’amministrazione di agire a livello culturale? Mettendo in campo quali progetti concreti?
4) Di recente avete osannato «il partito degli onesti», che poi onesti non lo sono per niente dato che sono invischiati in scandali, logge massoniche e giri di tangenti. È questo il vostro esempio di legalità? Non pensate che sarebbe meglio prendere le distanze da certi «onesti»?
5) Ci sono quartieri di periferia che non hanno mai visto una volante o un vigile in azione. Come mai?
6) Perché quando i cittadini chiamano il 113 gli viene risposto di riprovare più tardi o rivolgersi ai vigili del fuoco?
7) Ogni giorno aumentano le dichiarazioni di persone che osservano in città i vigili che non intervengono quando davanti ai loro occhi si viola la legge o semplicemente il codice della strada. Per non parlare di quando vengono beccati in pizzeria o a chiacchierare per strada con tanto di divisa. È questo che intendete per “sicurezza”?
8) Perché la zona della città in cui vi è lo studio legale del sindaco, che tra l’altro non abita nemmeno ad Andria, è controllata tutto il giorno dalle forze dell’ordine mentre nei quartieri più a rischio non c’è traccia di uomini in divisa?
9) Quando i cittadini hanno paura di uscire di casa di chi è la colpa? Di chi delinque o di chi ha il potere per rimediare ma non muove un dito?
10) Siete consapevoli del fatto che a causa della poca sicurezza la città si svuota dei suoi abitanti, soprattutto dei giovani?

Aspettando le vostre risposte e che finalmente si faccia qualcosa per migliorare la situazione e non per guadagnare consenso elettorale.

[Nome, Cognome] "




http://www.facebook.com/event.php?eid=193419124047033

mercoledì 27 luglio 2011

La cultura è un bene comune - intervento del 1 Marzo 2011

Estratto da un articolo pubblicato su Andrialive il 1 Marzo 2011:

"Nella città di Andria l'emigrazione dei giovani talenti è una delle piaghe incombenti che occorre affrontare se si vuole dare una prospettiva di crescita e un futuro alla città.
Occorre interrogarsi tentando, con coraggio, di lasciarsi alle spalle manipolazioni facili e populiste per raggiungere la radice del problema.
Perché i giovani andriesi vanno via ?
Il problema analizzato nella sua interezza, conserva due prospettive differenti che vanno analizzate.
Esiste difatti una parte di giovani che ha talento, che si impegna e che desidererebbe maturare competenze per poter poi ritornare nella propria città per portare innovazione ma magari non ha le possibilità economiche per partire. E' questa è una prima piaga
Poi c'è un'altra parte di giovani. Quella che comprende tutti quei ragazzi che riescono ad andare via, con sacrifici propri e delle famiglie e che magari non tornano più ad Andria. Sono giovani altamente specializzati con lauree, master, esperienze di lavoro in Europa e in tutto il mondo. E cosa viene consegnato a loro?
Li abbiamo incontrati alcuni di questi giovani andriesi, magari emigrati a Londra e poi a Bruxelles. Ho parlato con loro e mi sono chiesto perché la mia città, quella in cui sono nato doveva essere condannata al più grande impoverimento di capitale che ci sia: il capitale umano.
Allora chiedo: guardiamolo in faccia questo problema reale che è sintomo del più grande impoverimento per la città. I giovani talenti sono il futuro su cui la città di Andria dovrebbe investire. Sono loro la vera ricchezza e invece questo non avviene. E i giovani continuano a sognare di andare via.
Non perché partire sia un demerito. Se partire è sinonimo di viaggiare per apprendere e tornare nella propria terra per conferire esperienze e competenze allora il viaggio ha un senso. Diventa una lente d'ingrandimento per guardare meglio il mondo. Per imparare. Per sconfiggere il provincialismo. Ma se la partenza diventa l'unica possibilità per costruire il proprio futuro, allora siamo difronte ad un ricatto.
Ai noi giovani si affida sempre più un destino precario o peggio, un biglietto di sola andata.
Vorrei chiederlo. Domandare a tutti coloro che nelle file di questo centro-destra, hanno figli laureati nelle Università fuori dalla nostra Puglia, cosa pensano di questa piaga che impoverisce la nostra città.
Perché i giovani vanno via da Andria? Perché a tutti coloro che sono meritevoli e che potrebbero partire, crescere professionalmente e ritornare in città per portare innovazione e sviluppo non viene data alcuna possibilità a livello cittadino?

I giovani come me vanno via perché oltre al destino precario a loro è consegnata un realtà governata da un nepotismo medioevale fondato sulla poca trasparenza e un'assoluta mancanza di accessibilità. Vanno fissate bene queste parole. Le parole sono importanti diceva Nanni Moretti.
In questo quadro il tema della cultura è centrale. La cultura libera le menti, permette lo sviluppo della criticità e del pensiero trasversale.
La cultura è il primo bacino su cui dovremmo investire se vogliamo programmare un futuro per la città Andria. Perché la civiltà si costruisce parallelamente con la crescita culturale di una popolo.
La cultura, proprio ad Andria e proprio per i giovani, è troppo spesso (per fortuna non sempre..) un ambiente racchiuso e soffocato nelle dinamiche citate poc'anzi.
Proprio la cultura. E' questo il dramma. Il settore culturale dovrebbe essere il simbolo della propensione al futuro di una comunità. Dovrebbe essere il gene che costruisce una città migliore. Dovrebbe rappresentare la possibilità di ridistribuire accessibilità, opportunità, conoscenza, saperi e diritti. E invece no. La cultura ad Andria diventa mero intrattenimento. Ovviamente in questo quadro si posizionano dovute e importanti eccezioni. Ma non basta. Bisogna insistere.
I continui finanziamenti a pioggia emanati senza un piano logistico di erogazione dei fondi sono solo una parte di questo problema.
Non esiste uno schema o regolamento pubblico che possa essere assunto a modello per la selezione dei progetti in cui investire i fondi del settore Cultura. Non vi sono linee guida.
Non vi è, ad esempio, un comitato scientifico costituito attraverso bando pubblico trasparente e costruito attorno ad esperti di rinomata fama presenti nella città di Andria, che selezioni i progetti attraverso regole che siano chiare a tutti i cittadini e oggettive. Non esistono griglie di valutazione.
Se un ragazzo volesse provare a collaborare o a proporsi per maturare esperienza non potrebbe farlo a meno che non sia accompagnato da qualcuno che conosca l'ambiente. E se non conosci nessuno sei tagliato fuori. Non hai speranze se non fai parte della cerchia di "chi conta".
Insomma, una modernità medioevale. Ecco cosa si prospetta davanti a noi.
La situazione è ancor peggiore per tutti quei progetti che richiedono ingenti investimenti da parte del Comune che non bandisce alcun affidamento per l'organizzazione, la gestione e l'erogazione di servizi da parte di privati.
La cultura che è il simbolo della democrazia viene reclusa e sequestrata in logiche di palazzo. Diventa proprietà privata e non più un bene comune. Sono logiche che non tengono mai conto di chi lontano, di chi non è conosciuto, di chi è debole, di chi è ultimo e magari sogna un futuro migliore, di chi si impegna e fatica.
E allora, mi chiedo, qual è il ruolo della politica in questo quadro? Qual è il compito, ad esempio, del centro sinistra se non rilanciare temi come questo?
Il centro destra andriese deve rispondere a queste domande. Perché i valori della famiglia che paventano e difendono si fondano su questo. Le famiglie non sono manifesti o quadri da esporre sulle proprie scrivanie durante le campagne elettorali. Le famiglie sono qualcosa di fragile con cui bisogna rapportarsi onestamente. Senza ipocrisie e falsi moralismi.
Una famiglia che si è sacrificata duramente per permettere a suo figlio o a sua figlia di studiare, non ha il diritto di vedere riconosciuto questo sacrificio senza dover immaginare che suo figlio o sua figlia torni a fare l'emigrante come accadeva decenni fa? E quando magari queste famiglie appartengono ai ceti dimenticati, abbandonati, lasciati soli, relegati al silenzio e alla dimenticanza la politica che ruolo ha in rapporto a tutto questo?
Che senso ha la politica se non siamo capaci di accendere la luce su questi angoli bui, se non denunciamo che stanno privatizzando i beni comuni fondamentali. La cultura e il futuro sono fra questi. E chi ne paga il prezzo e continuerà a pagarlo in futuro sono le giovani generazioni. La mia e quelle a seguire.
Se una ragazza fra mille difficoltà riesce a laurearsi ma le verrà consegnato solo un futuro di incertezza, di precarietà e di nepotismo, vorrei che mi si spiegasse dove finiscono i valori della famiglia?
E noi, gente del centro sinistra andriese, abbiamo il dovere di rilanciare una prospettiva su queste tematiche. Abbiamo bisogno di ritornare a parlare di questo ad Andria.
Dobbiamo ripubblicizzare tutto ciò che, una distorta idea della politica, sta privatizzando. Così costruiamo una valida alternativa.
Dobbiamo immaginare che il vero motore e la vera ricchezza della nostra città siano proprio tutti i giovani. Il capitale umano è quanto di più prezioso ci sia. E' su questo che dobbiamo investire.
Non abbiamo bisogno di nessuna "carta" per i giovani. Abbiamo bisogno di opportunità nella città di Andria. Opportunità per tutti.

Da dove iniziamo?
Dalla democrazia. La democrazia passa per l'accessibilità cioè il diritto di tutti di avere delle chance, anche se non sei amico di nessuno. Anche se non hai la spintarella. Un'accessibilità basata su criteri di trasparenza e meritocrazia.
Iniziamo proprio dalla cultura e dalle giovani generazioni.
Iniziamo a parlare di questo come ha fatto il Consigliere Comunale di Sinistra Ecologia e Libertà, Ninni Inchingolo nel suo intervento in Consiglio Comunale.
Iniziamo così a dare voce a tutti coloro che vorrebbero prendere parola. Perché c'è un'Andria migliore di questo centro destra arcaico."

Vito Ballarino

http://andrialive.it/news/Politica/17758/news.aspx#main=articolo

lunedì 25 luglio 2011

La piccola città

Nella piccola città di quel frammento di Sud  c'era l'aria e la terra, i campi e il sole.
C'erano le chianche di pietra fresche e i calli delle mani consumate lungo gli uliveti.
C'era il grano giallo e la terra rossa.
C'era il sapore fresco dell'acqua delle fontane.
C'era il sorriso degli anziani seduti sulle piccole sedie scure fra i vicoli di quel centro che sembrava essere il labirinto del Minotauro.
Quello che solo il mito greco ha saputo raccontare.
C'era il sapore. Ecco: c'era il sapore della vita.
I tamburi suonavano e i fuochi volteggiavano nella notte al ritmo dei profumi d'Oriente che coloravano le stelle attorno al castello.

Un giorno, vennero i giganti lupi. I lupi avevano ruspe e camion e portavano i loro grigi mantelli come giacche con lunghe cravatte che erano, in verità, le loro lingue.
I lupi erano pochi e capirono subito di non poter sconfiggere tutti quegli umani.
Allora cosa bisognava fare?
Bisognava convincere i piccoli umani che diventare lupi era necessario. Bisognava illuderli che se fossero diventati lupi sarebbero diventati immortali.

Ma per diventare lupi bisognava occultare il sole, perchè i lupi vivono solo di notte.

Così i lupi portarono oro, collane e gemme ai popolani. Erano estratte da quelle montagne che per millenni erano rimaste lì indisturbate, accanto alla piccola città dei piccoli popolani.
Adesso fumi si sollevavano da quei monti che erano scavati da profonde grotte. Venivano forate e consumate dai grigi lupi.

I lupi avevano sempre temuto gli alti monti, gli alti alberi d'ulivo poichè temevano il fruscio del vento che a loro sembrava il respiro di Dio per scacciarli.
Così distrussero anche gli alberi.

I piccoli umani, vedendosi indifesi e intimoriti dai giganti lupi, accettarono. Bevvero con loro e danzarono insieme.
Per mille anni i lupi furono padroni della terra, dei granai e di tutto ciò che apparteneva ai piccoli uomini.

(Continua...)

Vito Ballarino

domenica 24 luglio 2011

Prendi il ragazzo...

Prendi il ragazzo che fa il pusher ad Andria. Se lo lasci solo senza intervenire costerà fra gli 800 e i 1000 euro giornalieri all'ente pubblico per tenerlo in un carcere.  Poi probabilmente verrà rilasciato e tornerà a delinquere. Io preferirei che investissimo 100 euro al giorno per dargli un' occasione. Per fargli capire che può avere del talento e che non è destinato alla solitudine. Per dirgli che non è solo. Per fargli sapere che qualcuno crede in lui. 
Questo significa investire su questa città. Questo è il senso della politica per me. 
Provare ad accendere la luce su quelli che sono gli angoli bui della nostra città. Su quelli che sono luoghi bellissimi abbandonati però alla completa solitudine.

Vito Ballarino

sabato 23 luglio 2011

Andria 2011: il programma culturale estivo della città di Andria

La bassezza del programma culturale offerto da questa amministrazione per la città di Andria denota l'idea di cultura che hanno: ci vogliono tutti come modelli e veline e non come cittadini pensanti. Scambiano la parola cultura con la parola intrattenimento e ci propongono Marco Carta mentre a Barletta in programma ci sono alcuni dei festival più importanti della Puglia, a Trani il Maestro Ludovico Einaudi, a Bisceglie Franco Battiato e a Molfetta Vinicio Capossela. Questa è una violenza sociale e un abuso verso la nostra città.

Certo, nel programma sono inserite progettualità importanti che però sono riuscite a crescere nel tempo nel tessuto cittadino e che quindi sono già presenti da anni e non inserite da chi, invece professava cambiamenti epocali prima e dopo le elezioni. 

Io credo, invece, si possa organizzare attorno alla cultra un comparto produttivo che oltre a creare indotto economico, occupazione per tanti giovani talenti e turismo permetterebbe di accrescere senso civico, partecipazione e civiltà.
E' questo il vero potere della cultura che non deve essere scambiata e confusa con l'intrattenimento.
Qualcuno dirà che è impossibile: io invece dico che si può fare.
L'abbiamo imparato dalla Roma di Fellini o dalla Bologna del teatro e degli spazi pubblici messi a disposizione della cittadinanza, dei giovani, degli artisti emergenti e dei grandi artisti in modo da creare anche apprendimento e formazione.
E' questo il ruolo della politica. Non accontentare ma dare una direzione. Tracciare un cammino di sviluppo.

La cultura può produrre mestieri buoni e civiltà.

Vito Ballarino 
"Un popolo senza teatro è un popolo morto" (G.Lorca)



venerdì 22 luglio 2011

L'aumento della TARSU e la mancanza di indirizzo politico

Non è molto difficile immaginare che certe scelte, applicate dalla classe politica in un periodo di grande difficoltà per i cittadini, possano portare all'esasperazone e all'inasprimento di alcuni comportamenti. Dovremmo saperlo tutti. Non certamente per giustificare l'esagerazione di atti violenti che purtroppo rischiano di rendere le giuste e condivisibili motivazioni che muovono le proteste errate nel modo. E così poi offriamo la possibilità a chi di mestiere fa l'incantatore di serpenti, di strumentalizzare, attaccare, demonizzare.
Esiste però uno sguardo che deve andare ben oltre tutto ciò. Non ignorando ma cercando di comprendere fino in fondo.
Siamo in Puglia. Precisamente nella neonata provincia di Barletta-Andria-Trani. Siamo nella città di Andria.
La città governata dal centro-destra uscito vittorioso alle ultime elezioni. Il centro-destra dallo sfondo celeste dei migliori anni di Forza Italia. Certo, non è lo stesso celeste ma la connessione è quella. Il centro-destra del: CAMBIARE.CAMBIA.CAMBIAMO: UNO NON VALE L'ALTRO. 
Lo ricordiamo tutti, no?
Un centro-destra berlusconista dove le poche anime "diverse" che probabilmente avevano percepito l'imminente tracollo dell'ideologia tutta berlusconiana, stentano a trovare spazio.
Un centro-destra che governa alla maniera tutta Tremontiana e che crede di poter sanare le problematiche di una città che conta più di 100.000 abitanti, applicando tagli su tagli.
E mai sia tagliare gli sprechi.
Allora sorge una domanda: dove si taglia e perchè?
Chiunque provasse a leggere l'attuale bilancio da poco approvato si troverebbe difronte ad un documento in cui è evidenta la totale mancanza di indirizzo politico.
E' così.
Gli investimenti riguardano la logica delle "grandi opere". Che poi siano utili o no, questo non occorre domandarselo. La strategia è: COSTRUIRE. COSTRUISCI.COSTRUIAMO.
E poi? Buio totale.

Emerge solo e soltanto l'aumento della TARSU del 42%, un costo scaricato tutto sui cittadini. E se qualcuno non paga? L'attuale amministrazione affida tutto ad EQUITALIA che può avvalersi della possibilità di pignorare beni per la mancata riscossione della tassa.

Secondo voi chi avrà maggiori difficoltà nel sostenere questo aumento in un periodo di crisi?
Disoccupati, lavoratori precari, famiglie con disagi economici e sociali.
Insomma, una ghigliottina per i ceti in difficoltà.

Qualcuno obbietterà: -"E gli altri comuni? Anche loro hanno aumentato la TARSU."
Le percentuali nella Provincia BAT sono queste: Andria +42%, Barletta +5%, Trani tariffa invariata

Insomma, la cecità di questo centro-destra è preoccupante sopratutto in questo periodo di forte crisi.
La polemica con il passato e con ciò che veniva "fatto prima" è sempre aperta. Ma ai cittadini poco interessa.
Loro hanno il diritto di poter vivere in un Comune che si occupi del presente e del futuro, programmando attività di investimento e comparti produttivi su cui investire per creare una ripartenza.


Ieri sotto il Palazzo di Città, alcuni manifestanti hanno urlato il proprio dissenso nei confronti del Sindaco e di queste scelte.
C'è un vento che corre. Corre e attraversa la città di Andria. Un vento che si gonfia.
Avevo dichiarato questo ieri dopo aver lasciato il sit-in che dal pomeriggio si protraeva fino alla sera sotto la sede comunale:

"I tumulti sotto il Comune di Andria sono il segno del disagio sociale e umano che di sfoga con tutta la forza possibile. Il dato politico è netto: lo spropositato aumento della TARSU è un atto di mattanza verso le classi sociali più deboli."
Confermo questa mia opinione preoccupato per ciò che accadrà in merito a questa situazione.

Mi pare assai interessante riportare qui l'opinione di Rossella Miracapillo del Movimento Consumatori:



Come Movimento Consumatori avevamo già lanciato l’allarme sulla non opportunità di forzare la tassa con l’aumento del 40% (che poi si è scoperto essere invece del 42%) prima che venisse approvato il bilancio , con un monito, che questa amministrazione ha voluto tacciare come atto di partigianeria e demagogia.
Per essere obiettivi e comprendere meglio il fenomeno di cui in città si discute da tempo, abbiamo svolto una indagine nelle città vicine Trani, che secondo un recentissimo sondaggio viene percepita come la città più pulita dei tre capoluoghi delle nostra provincia paga come Tarsu nel 2011 1,66 euro al mq, riconfermando il dato del 2010 senza aumenti. Barletta ha aumentato nel 2011 del 5% la tariffa del 2010 passando così da Euro 1,96 a mq a 2,058. Città in cui si sta ancora discutendo di un aumento consistente è Foggia che vorrebbe aumentare la Tarsu del 30-35% passando da 2,20 e a 2,85 euro a mq (valore massimo ma ancora in fase di negoziazione) In ogni caso l’aumento verrebbe applicato a partire dal 2012. Andria, invece ha scelto di portare la Tarsu da 1,60 del 2010 a 2,37 euro a mq con un incremento del 42% e a decorrenza immediata passando dalla tariffa più bassa a una delle più alte nel 2011.
Ma allora, come è possibile il peggioramento del servizio a fronte di un costo maggiore?. Infatti analizzando il servizio di raccolta dei rifiuti nel 2009  è costato diecimilioni novecento cinquanta euro a fronte di una introito con la tarsu di seimilioni e seicentomila euro. Nel 2011 si prevede un pagamento del servizio di raccolta, di undici milioni e novecentomila euro a fronte di un recupero con la tarsu ( aumentata a 2,37 a mq) di 10 milioni di euro. Stesso fornitore, costo maggiore, servizio decisamente peggiorato: cumuli di rifiuti specialmente nelle periferie, sensazione di svuotamento dei cassonetti a scacchiera nei vari quartieri, punti di raccolta costantemente sporchi.
Ancora più inquietante è pensare cosa aspetta gli andriesi nel 2012 e nel 2013: un nuovo appalto più oneroso e più efficienti, con la scelta di questa amministrazione secondo cui la Tarsu deve coprire il 100% del servizio appaltato , la tarsu lieviterà ancora più pesantemente fino a circa 3,44 euro al metro quadro. Perciò, nell’arco di tre anni, a prescindere dal numero di occupanti, un appartamento di 100 metri quadri ( garage, scantinati e ripostigli compresi) passerà da 167,00 euro + 23,38 euro di addizionali comunali e provinciali, a pagare nel 2013 344,00 euro + 48,16 euro di addizionali)”.
La città di Melpignano, città virtuosa pugliese del porta a porta, oggi paga 1,27 euro a metro quadro, mentre Salerno, città virtuosa del porta a porta nella devastata Campania, paga 2,37 euro al metro quadro più una quota fissa di 87,00 euro. Dunque in quest’ultimo caso un appartamento di 100 metri quadri costa 324,00 nel nostro costerebbe almeno 344,00. L’amministrazione continua a trincerarsi dietro la tesi che sarebbe un obbligo di legge per cui la Tarsu debba coprire il 100% dei costi di smaltimento rifiuti. La norma a cui si riferiscono, però è quella in cui il Comune avesse optato per la Tia. Il regime Tarsu lascia spazi alla discrezionalità della percentuale di copertura che non deve essere però inferiore al 70% del costo di gestione”.

(fonte: http://www.domaniandriese.it/wordpress/2011/07/tariffa-tarsu-dalla-piu-bassa-alla-piu-alta/)

Ancora una volta il segnale è chiaro: questo modello politico ed economico non funziona più.
C'è la stanchezza e la rabbia di chi non c'è la fa più. C'è una volontà politica cieca di questo centrodestra di scaricare sulle classi sociali più deboli oneri e costi. Non c'è indirizzo politico in quel bilancio che tuteli chi è colpito da questa crisi che appartiene alla modello decantato e condiviso da questo centrodestra. Così si scatena il dissenso e la rabbia che non è mai giustificabile se sfocia in violenza da nessuna delle parti. Ma questo è un segnale: che la politica esca dal palazzo e decida fra la gente.

Vito Ballarino 

 

Parole su un muro

Ci pensavo e ci ripensavo. Da tempo ormai ci riflettevo combattuto fra dubbi, timori, spinte passionali e la paura di non riuscirci. Poi ieri qualcosa mi ha convinto.
Ho rimesso insieme alcuni pezzi del cammino che da qualche anno provo a portare avanti, a propormi e a proporre. Ho sopratutto ripercorso i piccoli passi di tutti coloro che con me da qualche tempo hanno condiviso un desiderio di rinnovamento. Ognuno con la propria storia, con il proprio passato, con la propria identità ma con la volontà di analizzare il presente per costruire un futuro insieme e, si spera, migliore.
Volevo provare a dare una successione alle idee, ai pensieri, alle proposte abbozzate, ai sorrisi e agli sguardi. 
Così mi sono detto: -"Provo ad aprire un blog."-.

Perchè un blog?

Un Blog su internet perchè credo con convinzione nel potere della rete come fonte di democratizzazione del sapere, di scambio di contenuti. Di arricchimento. Certo, con i limiti e le difficoltà che ogni cosa ha, come non negarlo.
Daltronde, quando Gutenberg inventò la stampa, gli rimproverarono di aver distrutto quel "contatto personale che sopravviveva nella possibilità di scambiarsi saperi ed esperienze attraverso il racconto orale". Si. Gli dissero questo ignorando quanto, la stampa, stava rendendo il sapere patrimonio di tutti. Una vera rivoluzione culturale e sociale criticata da chi guarda il futuro e il "parzialmente-conosciuto" con occhio sempre sospetto.

Un Blog perchè credo nella forza e nella potenza delle parole. Parole che qui possono essere conservate, archiviate ma anche condivise, diffuse, criticate, completate, arricchite, modificate.
Perchè credo che le parole arricchiscano il pensiero e solo attraverso il pensiero e quindi l'analisi critica, si possa sviluppare l'agire. Agire senza analizzare, pensare, riflettere non appartiene a ciò che sono e a ciò che vorrei diventare. Non appartiene al modello culturale che mi è stato trasmesso e che vorrei accrescere.


Come diceva Nanni Moretti: "Ma come parla? Le parole sono importanti." (N.Moretti-Palombella Rossa)

Un Blog perchè, se ci pensi, troppo spesso preferiamo ricevere notizie accantonando la nostra capacità di raccontare e analizzare.



Un Blog perchè non pretendo di essere importante, ne' un rappresentante, ne' detentore di realtà o precisione; non pretendo di essere forte ne' di contare molto.
Pretendo, però, di essere una voce. Solo una voce.


Perchè "ParoleSuUnMuro"?
C'ho pensato. Non avevo in mente alcun titolo.
Poi, ecco: l'immagine dei bellissimi disegni colorati sulle pareti delle umili costruzioni nelle terre del Chiapas mi hanno fatto pensare.
Fra quei disegni, quelle frasi assumono qualcosa di più di semplici parole. Diventano cariche di una simbologia che rompe ogni confine, ogni schermo. Che supera le fotografie e anche la distanza chilometrica che ci separa da loro.
Ho sentito quelle parole un po' mie e vorrei che fossero un po' anche vostre.
E che questo muro diventasse anche il vostro, per scrivere insieme parole nuove.

Vito Ballarino