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venerdì 30 settembre 2011

Domani a Roma con Nichi e SEL: c'è l'Italia migliore a cui guardare

Torno a postare sul blog. Nulla di "nuovo" bensì un intervento che pubblicai su facebook qualche tempo fa rispondendo ad una accorata lettera di Pasquale Videtta a Nichi Vendola raccontando il proprio punto di vista sul progetto politico di Sinistra Ecologia e Libertà.

Avendo letto sui quotidiani le dichiarazioni di Vendola ieri a Bologna nel tavolo di confronto a cui ha partecipato anche Prodi e poi le successive riguardo la posizione di Fausto Bertinotti che sembrano voler soffiare sul fuoco (quale fuoco non ho ben capito...) per alimentare facili polemiche, ho pensato fosse interessante riproporre ciò che provai a buttar giù qualche tempo fa.
Non è un modo per riaprire la polemica che già mi sembra abbastanza strumentale e realmente poco utile al futuro del centro sinistra che dovrebbe candidarsi a governare il paese. E' la possibilità di confrontarmi ancora con chiunque voglia farlo e voglia dire la sua.
Credo sia una opportunità interessante per interrogarsi e capire.

Intanto domani sarò a Roma in Piazza per la manifestazione di Sinistra Ecologia e Libertà. Una manifestazione che coinvolgerà cuori, anime differenti, pensieri, sogni, storie e persone in un movimento culturale, umano e politico che chiama tutti noi: nessuno escluso. Una direzione che appare ancora difficile da far comprendere ai tanti tafazzisti che probabilmente si auguravano di predisporre ancora piccole frazioni di "film-già-visti-e-vissuti-e-pure-falliti".
Sarò a Roma domani con Nichi e con SEL perchè credo esista un'Italia migliore, credo esista la possibilità di costruire la sinistra unita in Italia, credo in un rinnovamento culturale anche della politica, credo nella volontà di abbattere ogni steccato ideologico e ogni purismo che ci ha sempre relegato all'angolo, credo nelle diversità come valore aggiunto che ci permette di completarci.
Credo, insomma, sia tornato il momento di prendere parola con il coraggio di cambiare.

Vito Ballarino
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Pubblicata l'11 Luglio 2011

Nella giornata di ieri mi è capitato di leggere in rete la lettera scritta dal caro Pasquale Videtta indirizzata a Nichi Vendola e intitolata "Caro Nichi, SEL non è un giocattolo" (link alla lettera: http://www.facebook.com/notes/pasquale-videtta/caro-nichi-sel-non-%C3%A8-un-giocattolo/10150236803811270).
Parto dicendo che sicuramente, in un momento politico così complesso e confuso a casua anche della forte indecisione di alcuni dirigenti dei partiti di centro-sinistra presenti in Parlamento, comprendo l'accorato sfogo presentato nella lettera ma che non posso condividere.
Sono anche io un iscritto a SEL. Sono un giovane contraddistinto dalla dirompente voglia di poter attuare concretamente un cammino che ricostruisca il centro-sinistra frantumato dalle beghe interne, dal passato che non passa mai, dal futuro che appare sempre così fumoso e confuso.
Sono un giovane animato dal desiderio di vedere realizzata una sinistra compatta in questa Italia. Una sinistra che non parli nelle stanze e nei salotti ma che abbracci il popolo e le piazza; i movimenti.
Una sinistra che trae la propria linfa dal continuo contatto con la società civile e tesse con essa una rete di contenuti che alimentano quotidianamente un percorso comune.
Una sinistra che chiede, che si interroga, che si confronta, che si rinnova e che non ha timidezze e feticci.
Ecco. I feticci. Purtroppo, troppo spesso, ho la sensazione che quello del partito sia un feticcio. Il partito con la P maiuscola che assomiglia tanto alla P maiuscola di Potere.
E' un feticcio quando si invoca una struttura che sembra appartenere ad altri tempi; tempi lontani in cui, si, quella struttura chiamata PCI aveva un senso organizzata in quella maniera. Aveva un perchè ed era contestualizzata rispetto ad uno scenario europeo e mondiale che proprio non assomiglia a ciò che oggi ci sta difronte, con l'avanzata di questa bellissima brezza che proviene proprio da quei popoli che sul nostro Mediterraneo si affacciano.
Il PCI credo sia stata la casa e la palestra della legalità, della cultura, dell'amore, della politica, della civiltà per molti e per questo conservo per esso un profondo rispetto.
Ma non posso rimpiangerlo. Non posso farlo innanzitutto perchè non c'ero e trovo assai ridicolo che qualcuno possa rimpiangere qualcosa che non ha vissuto, per cui non ha riso e pianto. Per cui non ha sudato.
Ecco. Possiamo forse provare a conoscerlo ma certamente non possiamo rimpiangerlo. Lo dico ai giovani come me che dovrebbero essere proiettati verso il futuro ma che invece troppe volte si innamorano di un passato che è certamente affascinante ma irripetibile.
E poi non posso rimpiangerlo perchè i tempi sono cambiati. La globalizzazione e la modernità ci pongono davanti alle due domande epocali: Quale futuro?  Come?
Adesso ci ritroviamo oppressi, soli, spaccati e stanchi affogati in questo modello di neo-medioevo che prende il nome di "modernità" e cosa stiamo facendo per costruire una valida alternativa?
Molti stanno facendo tanto in questo paese. Lo fanno le donne nelle piazze perchè come cita il loro slogan "Se non ora, quando?". Lo fanno i giovani fuori dalle Università con i docenti e i ricercatori perchè una società senza sapienza e istruzione è una società debole, oppressa, facilmente vittima delle nuove dittature che io chiamo razzismo, denaro, speculazione, mafia, corruzione.
Lo fanno gli operatori della cultura che ci danno un segnale importante: senza cultura non esiste civiltà e senza civiltà ci aspetta un futuro di vera barbarie. Non certamente la "barbarie" di cui tratta Baricco nel suo libro "I Barbari". No. Io parlo di quella vera in cui non ci si considera fratelli e sorelle ma nemici, oppositori, avversari. Una giungla che farebbe paura anche alla giungla vera a cui la natura riserva un certo equilibrio e ritmo.
Ecco. Potrei continuare ma non lo faccio perchè ognuno di noi potrebbe rendere ancor più corposa questa lista.
Difronte a questa redistribuzione dei confini dell'uomo, del mondo e dell'umanità certamente non possiamo, io credo, rimanere immobili a piantar grane perchè un certo partito abbia una struttura più o meno radicata, o più o meno flessibile, o con questo o quel ruolo da cucire sul proprio petto. Non mi riferisco certamente e direttamente a Pasquale che ha scritto quella nota e a cui riconosco l'onestà e il coraggio di raccontare un suo pensiero a tutti analizzando quelli che per lui erano e sono punti di debolezza. Ma come dicevo, non posso condividere.
Ho iniziato il percorso in SEL perchè ne condividevo totalmente gli obbiettivi politici, la direzione che a SEL si voleva dare ma anche per lo spirito che contraddistingueva questo nuovo soggetto in cui riuscivano ad incrociarsi vecchie e nuove storie.
Ricordo bene di aver sempre detto che anche se SEL fosse rimasto solo un movimento, ci avrei investito comunque forze, convinzione, passione e voglia di fare.
Per questo ho condiviso con tutto il cuore e con la felicità di chi sperava di udire da anni quelle parole, la direzione di Nichi: "Non un partito, ma riaprire la partita".
E quale partita? La partita per ricostruire un centro sinistra unito e forte in Italia. Un centro sinistra che però non può inseguire sempre comunque (anche velatamente) il disegno del passato che è un bagaglio certamente imprescindibile (sono uno di quelli che ha sempre sostenuto che la Bolognina con la fine del PCI sono stati gli errori più grandi commessi).
Allora si, radicare SEL cosa significherebbe? Lo chiedo chiaramente perchè a me questa frase non è chiara e mi sembra che nasconda un lato oscuro: quello che riguarda chi desidera da tempo adagiarsi in una nuova formazione che parli ancora una volta le vecchie parole della politica praticandone sempre le medesime logiche che ci hanno condotto alla sconfitta epocale da parte del berlusconismo.
Lo dico chiaro e forte: il berlusconismo, penso, non significa Berlusconi in tutte le salse. Non possiamo pensare che sia solo una sorta di presenzialismo da sconfiggere. E non possiamo pensare che la nostra alternativa al berlusconismo sia rivoltare la manica e dire con tono stizzito: "No, non vogliamo Nichi ovunque perchè altrimenti diventiamo come il PDL". Ancora una volta penso che l'analisi sia superficiale.
Il berlusconismo è un regime culturale costruito su numerosi aspetti e la figura del leader, non nasce con Berlusconi in Italia. Chi studia come me Scienze della Comunicazione lo sa bene.
Il leaderismo ha attraversato gli USA di Martin Luter King del " I have a dream" a cui poi giunge la risposta politica di Obama del "Yes, we Can". Non per forza il leaderismo è il male oscuro da scacciare e sopratutto non è, secondo me, il primo problema di cui dovremmo occuparci in SEL e in generale nei partiti.
Certo, qualcuno mi farà notare che il leaderismo non appartiene alla nostra "cultrua politica". Bene. Allora vorrei chiedere: ed Enrico Berlinguer? E' una figura a cui tutti siamo legati e che tutti rimpiangiamo. Non era forse un leader lui? Eppure appartiene proprio a quella storia che rimpiangiamo.
Probabilmente dovremmo comprendere che la parola "leader" non coincide nel contenuto con "capo" o "dittatore" o "proprietario". No. Io ho sempre considerato il "leader" come una figura di garanzia dalla forte capacità di percepire e intravedere ciò che gli altri non riescono a vedere poi costruendolo e concretizzandolo. Una guida, ecco.
Nichi secondo me risponde a questa descrizione. E non ho alcun timore a dire chiaramente che è lui la voce, il megafono il segnale che ci indica e che deve indicarci la direzione.
Lo abbiamo sempre saputo. Prima che Sel diventasse un partito lo sapevamo. Quando Nichi ha vinto le primarie e le regionali ne abbiamo avuto conferma. Quando abbiamo svolto il Congresso nazionale Nichi lo ha ripetuto a chiare lettere. Ed ora? Ci stupiamo? Perchè?
Per una sorta di privatizzazione della figura per cui ci sentiamo espropriati se lo vediamo girare nel Nord Italia? Non posso pensarlo. Io conosco bene i miei compagni di SEL e non posso pensarlo.
Una cosa la condivido: si è un momento difficile per la politica in Italia e anche nei nostri territori, nei nostri Comuni e nelle nostre città. Bene. Allora che facciamo?
Strilliamo e ci tiriamo indietro? O continuiamo tutti insieme a lavorare per continuare a tenere aperta la partita?
Anche nelle nostre città dove il centro-sinistra è ancora più frammentato, spaccato e lacerato?
Vogliamo divenire a nostra volta megafono di tutti quei movimenti, delle associazioni, delle realtà locali attive che hanno bisogno di riprendere voce per raccontare che un Paese diverso è possibile, che una città migliore è possibile?
Ecco perchè non condivido quella nota.
Ancor più se la critica proviene e si genera fra le Fabbriche che sempre hanno avuto il nome di Nichi nel loro logo e che hanno costruito attorno alla figura di Nichi una campagna elettorale colorata, piena di contenuti e quindi vincente.
Nichi è una guida e non deve esserci alcuna timidezza o alcun timore nell'ammetterlo. Forse come lo era Berlunguer o forse no. Non mi interessa. E' Nichi e SEL è SEL.
E avrà la sua storia, le sue direzioni, i suoi militanti, i suoi pianti e le sue gioie. Perchè ogni storia è diversa dalle altre. Non sono mai uguali.
Ora che fare?
Continuare a lavorare lasciando da parte le polemiche e i timori. Proviamo ad essere fiduciosi e coraggiosi. Il progetto di Nichi e di Sel non può ingarbugliarsi fra le stanze di partito, le cariche, le strutture, ecc. Vola e deve volare ben più alto.
Abbiamo da costruire insieme l'Italia migliore e anche le nostre città e i nostri Comuni possono diventare migliori.
Facciamoci promotori di un futuro migliore.
Buon lavoro a tutti noi.

Vito Ballarino
iscritto a Sinistra Ecologia e Libertà